Appunti indecorosi per un dibattito di movimento


di Andrea Cegna

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Il decoro è concetto estetico e morale. Da un po' di tempo si sente parlare in maniera ossessiva di decoro urbano, giunte comunali, politici, forze di polizia, e giornali lo vogliono e lo vendono come soluzione al degrado. A dirla tutta cura e attenzione di spazi pubblici e collettività sono possibili soluzioni al degrado.
Non risolvi problemi sociali e culturali con un passata di spugna su un muro o su un marciapiede, al massimo rendi più vendibile un area, più accattivante uno scorcio per investitore pubblicitario o una vetrina più appetibile per un cliente.

Che cos'è quindi il decoro urbano se non una forma di governo del territorio?
Una forma di governo soggettiva, che trasforma i soggetti ritenuti indecorosi come problemi di ordine pubblico confinabili altrove. Il passaggio precedente è una forzatura, perché di soggettivo c'è poco: decoro viene ritenuto il livello estetico che rende uno spazio attraversabile e piacevole al turista benestante o all'investitore di mercato.

Prostitute, writers, occupanti di case, migranti, poveri, trans, ubriaconi, tossici, skaters, e giovani chiassosi che non spendono il loro tempo nei locali della movida, diventano così soggetti pericolosi per lo sviluppo economicista della città, e per traslazione soggetti che turbano la sicurezza. Questo è disposto nel pacchetto Minniti-Orlando. Questo dispositivo altro non è che la messa in legge di anni di costruzione culturale/politica dell'ossessione del decoro.

Esiste una data, un momento, un giorno in cui l'ideologia del decoro diventa violenta proposta di governo del territorio: il 3 maggio 2015 e la mobilitazione “Nessuno tocchi Milano” in risposta agli scontri della No Expo May Day. In quel momento, in quel giorno si lascia alle spalle l'idea della città vetrina che aveva guidato le trasformazioni urbane di Milano per rendersi accogliente per Expo e si passa alla città del decoro urbano.

Citiamo la filosofa Tamar Pitch che ci ricorda: «Hanno contrapposto libertà ed eguaglianza. Hanno fatto dell’eguaglianza l’ostacolo all’affermazione individuale e il freno alla crescita. Ma la libertà sempre meno persone se la possono permettere. E allora, accanto alla paura, ci vuole il decoro per tenere a bada chi non ce la fa.
Decoro è termine che viene utilizzato per significare cose diverse. Un comportamento è ‘decoroso’ quando è adeguato al tipo di persona e al contesto in cui si dispiega: una casa è ‘decorosa’ quando è pulita e in ordine. Ma i ricchi e i potenti non hanno bisogno di imporsi regole di decoro. Anzi, il loro valore si manifesta in uno stile di vita che esibisce l’assoluta noncuranza verso i limiti imposti a tutti gli altri. Dove l’‘indecenza’ è ciò che conviene ai molto ricchi, il decoro è ciò che viene proposto e imposto a un ceto medio impoverito e impaurito. Il decoro divide tra perbene e permale e funziona per ottenere consenso. Decoro, merito, disciplina sono le parole d’ordine e gli obiettivi di politiche che legittimano la paura contro ciò che è sporco, contaminante, eccessivo, minaccioso per l’ordine e la sicurezza. Decoro e paura richiamano la pulizia: chi sono i germi e i batteri che vanno dunque buttati fuori dalla casa comune dei cittadini perbene?».

Con potenza possiamo quindi cogliere che “decoro” è forma di controllo e governo di una città che risponde a logiche speculative e privilegistiche.
Non è la povertà il problema, ma i poveri e per tanto vanno eliminati. I migranti diventano soggetti sacrificabili, buoni per lavorare gratis ma pessimi se chiedono diritti e possibilità di inclusione sociale.
Lo spazio pubblico è superato, la città diventa luogo di attraversamento tra spazi diversamente privati, la libertà di scegliere cosa fare e come passare il proprio tempo in piazze e parchi è negata dal rispetto degli equilibri di mercato e di tranquillità individuale: giocare in piazza disturba turisti e acquirenti, il bivacco in strada la sera se non accompagnato dal consumo di prodotti di un locale è insopportabile da chi ci vive, lo scontro con accattonaggio e prostituzione infastidisce la morale di alcuni, oppure una scritta su un muro mette in discussione il controllo del territorio, dietro al concetto di decoro esiste la demonizzazione di tanti piccoli quotidiani innocui comportamenti.

Risultati immagini per cartelli 20 maggio milano no minnitiTornando all'attualità più spiccia il pacchetto Minniti-Orlando altro non è che una nuova stretta repressiva. Legalità e sicurezza diventano strumenti utili per la garanzia del decoro, decoro diventa sinonimo di tranquillità e certezze individuali. Strumenti d'esclusione sociale immediata vengono disposti a sindaci e amministrazioni: il “daspo urbano”. Applicare in modo più ampio quello che si applica nelle manifestazioni sportive – ha detto il ministro Minniti – di fronte a reiterati elementi di violazione di alcune regole sul controllo del territorio le autorità possono proporre il divieto di frequentare il territorio in cui sono state violate le regole. In pratica i sindaci potranno, in maniera arbitraria, vietare a delle persone di frequentare città, luoghi pubblici o pubbliche vie con provvedimenti di 48 ore reiterabili per più volte.

Ennesimo passaggio di un percorso di limitazione di libertà e spazio pubblico iniziato con la stagione delle delibere, e dei “sindaci sceriffo”, e che ha trovato nell’ideologia del decoro la summa teorica della trasformazione sociale e urbana delle città.

Chi governa sa bene che il decoro è forma di costruzione coatta di una città invivibile per i più, buona per speculazioni e turismi. Ma chi governa sa anche bene che una “guerra per il decoro” è facilmente giustificabile, ottimamente comunicabile, con poca fatica spendibile: colpire soggetti che per il loro operato “dividono” l'opinione pubblica come writer o tossici è più facile e permette agli amministratori locali di mostrarsi attivi sul territorio e “difendere” i cittadini. Criminalizzare chi non è criminale ed è facilmente attaccabile diventa anche elemento di creazione del consenso.

L'ideologia del decoro getta le sue basi in un progetto di governo del territorio volto a trasformare la città in un luogo di consumo, e si asseconda a pratiche di comunicazione politica facilmente decodificabile che è capace di generare consenso perché agisce contro soggetti ritenuti marginali o problematici, e che vengono sempre più costruiti culturalmente come tali.  

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