Di ONG e di offerte che non si possono rifiutare


Immagine di copertina tratta da Bispensiero



Da alcuni mesi, nel nostro Paese, sta prendendo sempre più corpo un’ipotesi di sapore nazionalistico. L’Italia viene dipinta come vittima di un oscuro complotto, di cui, come se si trattasse di un iceberg, risulta al momento esposta solo la punta: le ONG e il loro lavoro nel Mediterraneo. Non mancano così i tentativi di ricostruire questa “cospirazione antinazionale”. Tentativi con un punto di partenza comune: la criminalizzazione dell’operato umanitario delle ONG, l'intenzione di renderlo complementare o addirittura indistinguibile da quello degli scafisti che si arricchiscono trasportando migliaia di persone dalle coste libiche a quelle italiane.
In questo coro di voci, decisamente volto più alla persuasione che all’argomentazione, ritroviamo tristemente, in significativa compagnia di un’organizzazione fascista (di cui diremo maggiormente in seguito), anche un magistrato: il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Egli, pur ammettendo di non avere alcuna «prova giudiziaria» ma unicamente una «ipotesi di lavoro», sostiene infatti la complicità tra ONG e trafficanti di personeOvviamente le sue parole hanno sollevato un grande caso e sono state strumentalizzate prontamente dai “Salvini e simili”. Si ritiene necessario allora usare il «pugno di ferro contro le ONG», come vorrebbe Renzi, se non addirittura «affondare le loro navi» (in questo caso si tratta di Salvini, che spiazzato dal tentativo dell’avversario di calarsi nel suo personaggio si è ritrovato costretto a rilanciare).
Come si conviene in queste occasioni, è stato rapidamente e senza possibilità d’ appello individuato un mostro da sbattere in prima pagina e a cui addossare ogni responsabilità: l’organizzazione tedesca Jugend Rettet (La gioventù salva), al centro dell’inchiesta del pm di Trapani Ambrogio Cartosio.
Per evitare semplificazioni e manicheismo vorremmo cercare di capire come si è arrivati alla situazione attuale. A questo scopo è necessario porsi due domande: cosa sono le ONG e perché operano nel corridoio di Mediterraneo che sta tra Libia ed Italia?
Cominciamo con l’ultima domanda, andando indietro di una decina di anni. Nel 2008 infatti, per la prima volta dal 1997 (tra 1991 – con il crollo della Repubblica Popolare Socialista d’Albania – e 1997 si assiste alla prima migrazione di massa diretta in Italia, per un totale di oltre 300.000 persone) il numero di sbarchi sulle coste italiane supera quota 50.000. Come accadde negli anni ’90 anche in questo caso il richiamo alla solidarietà viene rapidamente messo in secondo piano dai deliri securitari. Al dovere morale di salvare vite umane subentra quello strategico di bloccare i migranti sul suolo africano. Insomma, ci si rende conto di trovarsi di fronte ad un fenomeno straordinario (reso tale dall’incessante incremento demografico e della disuguaglianza economica degli ultimi due secoli) e si decide di seguire la politica dell’ “occhio non vede, cuor non duole”.
In questi anni in Italia il Presidente del Consiglio è Berlusconi mentre in Libia, dove non c’è ancora stata la guerra civile, troviamo a capo del paese Gheddafi. Questi sono i nostri protagonisti, che con due accordi, nel 2007 e nel 2008 raggiungono una “storica” intesa detta Trattato di Bengasi: come successivamente fatto tra UE e Turchia, si decide di pagare uno Stato confinante affinché intercetti e trattenga i flussi migratori. Se in questo modo è possibile a nord del Mediterraneo mantenere una tranquillità d’animo, che sarebbe stata turbata dalle scene tragiche dei naufragi, sulla pelle dei migranti questi accordi si fanno sentire pesantemente: non è un mistero infatti che la Libia onori la sua parte ricorrendo ad incarcerazioni, pestaggi, stupri ed ogni altro tipo di abusi.
La situazione va incontro a sviluppi nel 2011. In seguito alla guerra civile, che determina la morte di Gheddafi e la fine del suo regime, la Libia, ormai nei fatti terra di nessuno, diventa il luogo migliore per i trafficanti di esseri umani. Da qui infatti vengono fatte partire imbarcazioni fatiscenti, in cui i migranti vengono ammassati ben oltre la capacità di carico. Nonostante il costo altissimo  si va da poco meno di 1000 fino a più di 2000€ – il viaggio è estremamente pericoloso. Al rischio di naufragio si aggiungono quelli della disidratazione, dell’insolazione, addirittura di morire per la mancanza di ossigeno o calpestati nelle stive dei barconi.
Le morti dei migranti sono nuovamente visibili agli occhi dei cittadini europei e italiani, e le coscienze hanno un sussulto. Dopo la tragedia del 18 ottobre 2013 infatti, quando in un naufragio nei pressi di Lampedusa persero la vita almeno 366 persone, vengono attivate dapprima la missione “Mare Nostrum”, che vede impegnata solamente l’Italia per un totale di 9,5 milioni di euro al mese, e successivamente la missione europea “Triton”, costata invece solo 2,5 milioni al mese. Se si paragonano questi finanziamenti con i 250 milioni di euro l’anno che l’Italia stanziava alla Libia secondo il Trattato di Bengasi, o addirittura con i 3 MILIARDI di euro versati dall’UE alla Turchia, a cui forse se ne aggiungeranno altri 3 (per raggiungere questa cifra “Triton” dovrebbe durare 400 anni), è facile comprendere che si è trattato solamente di un impegno di facciata.
È così che entrano in gioco le ONG e che arriviamo alla domanda che ci siamo posti precedentemente: cosa sono? L’acronimo sta per “organizzazioni non governative”, ma è una definizione talmente generica che, a parte l’ovvio proposito di non essere alle dipendenze di uno Stato, spiega tutto e non spiega nulla. Di certo, però, c’è che il fulcro della loro azione risiede nel lavoro volontario, nel lavoro senza fini di lucro. Il che è certamente vero, ma solo per quanto riguarda le piccole associazioni o i “gradini più bassi” della gerarchia interna. I dirigenti dei grossi colossi del volontariato, quelli con un apparato burocratico esteso, che gestiscono centinaia di migliaia se non milioni di euro, questi trasformano il lavoro volontario in lavoro punto e basta. È il caso per esempio di Amnesty International che ha pagato la buona uscita del suo ex-segretario generale 600 mila euro o di Save the Children, i cui finanziatori sono multinazionali non esattamente “etiche” (e viene legittimamente da sospettare che il loro intento sia una sorta di “pulizia morale” di facciata).
E così, l’esigenza di soldi (vuoi per pagare gli stipendi, vuoi per pagare i mezzi con cui operare) le spinge a inserirsi nel mondo come “organizzazioni tra le altre”, ad obbedire alla logica capitalistica “sottesa” a questa società. Il caso più plateale sono le martellanti pubblicità, in cui persone bisognose di aiuto vengono sbandierate per muovere a pietà il pubblico e raccogliere fondi. Si tratta di una vera e propria mercificazione della sofferenza: come un’azienda mostra le caratteristiche migliori del suo prodotto, così fa anche l’ONG. Con l’aggravante di sottrarre risorse per farsi pubblicità e battere la concorrenza delle altre organizzazioni. D’altronde non c’è da stupirsi di questa deriva. Il fatto di non porsi su un piano schiettamente politico e di non agire a monte dei problemi, le obbliga infatti a intervenire sostanzialmente come “tappabuchi”. A occuparsi dei poveri e non delle cause della povertà, degli affamati e non delle ragioni della fame endemica. Ma in questo modo i problemi si arginano, non si risolvono.
Bisogna stare però attenti. Questo non significa mettere in alcun modo in dubbio l’eticità di chi, correndo per altro pericoli per la propria vita, tenta di salvare vite umane (che sia in mare o in qualche posto nel mondo piagato da guerra o carestia). Significa piuttosto sottolineare quali problemi siano strutturalmente connessi al volontariato (o almeno a come oggi viene fatto). Problemi di carattere politico, che nulla hanno a che vedere con le infamanti accuse che montano ormai da ogni parte da quasi un anno a questa parte.


Tornando ora a questo aspetto possiamo infatti vedere come la campagna di linciaggio mediatico sia totalmente infondata. È la stessa procura di Trapani, con le parole del pm Cartosio, a sostenere per quanto riguarda Jugend Rettet che «le finalità dei trafficanti erano ben diverse rispetto a quelle dell’equipaggio [] la mia personale convinzione è che lo facessero per motivi umanitari», ed ancora che «un collegamento stabile tra la ONG e i trafficanti libici è pura fantascienza». Insomma l’operato delle ONG sembra andare solamente nella direzione di riempire il vuoto lasciato dall’UE, che abdicando ai suoi doveri umanitari condanna migliaia di persone alla morte. Del resto anche il Codice della Navigazione all’art. 489 parla chiaro: «L’assistenza a nave o ad aeromobile in mare o in acque interne, i quali siano in pericolo di perdersi, è obbligatoria []. Il comandante di nave, in corso di viaggio o pronta a partire, che abbia notizia del pericolo corso da una nave o da un aeromobile, è tenuto nelle circostanze e nei limiti predetti ad accorrere per prestare assistenza».
Perché allora questo accanimento, perché parlare di «taxi del mare», «collusione con gli scafisti» e perché le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, se non risultano finanziamenti illeciti per le ONG coinvolte dalle indagini?
Per via del coinvolgimento diretto l’Italia ha negli ultimi anni mantenuto un atteggiamento più attivo verso il problema dell’immigrazione. Come abbiamo visto si è impegnata unilateralmente nella missione “Mare Nostrum”, quasi quattro volte più onerosa della seguente “Triton” a guida UE. Tuttavia, con il deciso spostamento a destra della politica nostrana tutto questo viene inesorabilmente meno. Il PD, principale e praticamente unica forza politica “progressista” italiana, ha da tempo iniziato la rincorsa alle posizioni più razziste e reazionarie dei suoi rivali. Ci eravamo già espressi sulle parole della Serracchiani, per la quale uno stupro è più grave se commesso da un immigrato, e non sorprendono dunque quelle di Esposito: «Ci sono alcune ONG che hanno una posizione ideologica (o ideale dal loro punto di vista) per cui il tema è esclusivamente salvare vite umane, noi non ce lo possiamo permettere». È chiaro che l’Italia ha deciso di allinearsi alla Fortezza Europa cercando di impedire ulteriori sbarchi, e come le ONG da importanti alleati diventino allora fastidiose ed indesiderate. Ancora a maggio infatti il pm Cartosio sosteneva che non si potesse configurare il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestine nei confronti delle ONG, perché l’art. 489 del Codice della Navigazione sopra citato fornisce un principio di giustificazione.
Recentemente però il ministro Minniti ha deciso di portare sotto il suo controllo l’operato delle ONG, imponendo la firma di un Codice di condotta che è però stato inizialmente rifiutato da cinque delle otto organizzazioni interessate. Come rende evidente il decreto che porta il suo nome, Minniti non va per il sottile. Non si sono fatte attendere infatti le minacce, divenute presto realtà, di bloccare le attività delle ONG “cattive”: due giorni dopo la mancata firma viene sequestrata, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la nave “Iuventa” dell’organizzazione Jugend Rettet. Questa mossa da i suoi frutti.  Difatti il giorno successivo Sea Watch, altra ONG tedesca, sottoscrive il codice inizialmente definito “largamente illegale”.
Insomma, la questione qui non sembra essere a quante miglia di distanza dalla costa operino le navi delle ONG e neppure se entrino in azione prima o dopo che le imbarcazioni dei migranti inizino ad affondare, quanto la docilità nei confronti del governo italiano.
A ciò bisogna aggiungere un ulteriore elemento inquietante. I fascisti di Generazione identitaria che nel silenzio delle autorità italiane e con innegabile tempismo, pur dopo un viaggio più volte interrotto, stanno raggiungendo sulla loro nave "C-Star" lo stretto di Sicilia. Per il quotidiano Famiglia Cristiana sarebbero proprio loro all’origine dell'inchiesta sulle ONG della procura di Trapani.
Viene spontanea la domanda: il loro proclamato obiettivo di ostacolare le ONG nelle operazioni di salvataggio va inteso come il proseguimento, in acque internazionali, dell’analogo obiettivo del governo italiano? E i media esulteranno nel caso in cui Generazione Identitaria metta in pratica le sue intenzioni così pericolose per la vita di molte persone?
Quello che è certo è una cosa sola: il governo italiano ha deciso di ritornare alle politiche disumane di una decina di anni fa, se non addirittura a ben più antiche suggestioni coloniali.

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