Politiche imbarazzanti: il "minnitismo" e la gestione dei migranti

Proponiamo qui di seguito, in previsione della proiezione di Portami via, il documentario di Marta Cosentino, l’intervista di Radio Onda d’urto a Maurizio Ricciardi, del coordinamento migranti di Bologna.
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29/06/2017
Radio Onda d’Urto è al telefono con Maurizio, del coordinamento migranti di Bologna e provincia. Con te vorremmo ragionare su questa proposta del governo italiano che a quanto è stato dichiarato ieri, vuole limitare l’arrivo di navi con profughi se le navi delle organizzazioni non governative non portano bandiera italiana. Secondo te, cosa significa questa cosa, e dove porta, soprattutto?
Credo che ci siano in parte dei fatti oggettivi: il numero degli arrivi sta crescendo continuamente. Detto questo, però, c’è l’intenzione di continuare a trattare questa cosa come se fosse un’emergenza, e bisogna tener conto che l’arrivo di Minniti ha significato qualcosa da questo punto di vista (come su altri punti di vista, d’altronde). C’è la necessità di far vedere che si è in grado di decidere, non basta più il discorso verso l’Europa. In realtà fino a qualche mese fa i profughi, i richiedenti asilo, sono stati usati come merce di scambio per ottenere facilitazioni sul calcolo del debito e le politiche finanziarie del governo. Ora questa cosa sembra stata decisa definitivamente, ci sono state autorizzazioni a sforare i limiti del debito, quindi probabilmente non c’è più bisogno di quello scambio, e adesso si tratta di decidere se effettivamente l’Unione Europea è in grado di gestire quella cosa che aveva chiamato Migrant Compact, ovvero gli accordi di allocazione, di spostamento e quant’altro. D’altra parte, il ministro degli Interni, che sta gestendo questa cosa, vuole mostrare anche su questo terreno il proprio decisionismo. Mi pare ci sia al fondo l’idea securitaria di gestire i confini della sicurezza. Qui si gioca per il governo quel bagnasciuga in cui è contiguo alla Lega sul terreno dell’immigrazione, per cui da una parte si difende uno Ius Soli che è molte cose ma poco Ius Soli, e contemporaneamente si dà l’immagine di decidere, anche probabilmente anche contro il diritto marittimo: non è così semplice vietare lo scalo alle navi.

Ecco, ma tutto questo pare avere anche delle questioni che si legano alle politiche europee, da un lato: è stata chiusa la rotta balcanica, e l’Italia diventa il primo porto d’approdo per i migranti; ma dall’altro anche delle politiche interne, come ci stavi dicendo tu.
Sì, sì, credo che le due cose siano assolutamente collegate. È anche impossibile separarle. Non esiste più un problema “dei migranti” separato dagli altri problemi. Questo è evidente dal punto di vista dei numeri, non solo di quelli che arrivano, e che sono tanti, ma di quelli che sono già qui. Le due cose sono sempre da vedere collegate.
La questione dei migranti è la questione della trasformazione dell’Unione Europea, di come si sta in Europa; ma non dal punto di vista degli Stati: come si sta in Europa dal punto di vista degli individui, dei lavoratori, migranti e non, di quale welfare ci sarà in Europa, di quanto può essere tagliato e quanto può essere difeso e allargato.
Certo che questa cosa si porta dietro una politica interna, ma si porta soprattutto dietro una politica europea.

Ma secondo te può essere attuato questo tipo di disposizione? Cioè, davvero l’Italia può chiudere i porti e far sì che le navi attracchino da qualche altra parte?
Secondo me non è così semplice, adesso io non sono un esperto di diritto del mare, però da quel poco che so non è così semplice farlo. Credo che ci sia una dose di minaccia, una dose di politica della propaganda, però probabilmente in alcuni di questi casi magari ci provano anche. La Commissione Europea ha detto che l’Italia ha ragione, come prima reazione.

Questo dimostra anche tutta la fragilità della dimensione europea, perché se da un lato la Commissione Europea dice che l’Italia ha ragione, dall’altro non riesce a imporre un’apertura delle frontiere: vediamo quello che è successo in Francia e a Ventimiglia qualche giorno fa.
Sì, assolutamente. C’è una fragilità che è anche, come dire, un’insieme di politiche. Perché mentre non riesce a gestire il problema italiano, non riesce nemmeno a gestire il problema ungherese o il problema polacco, che sono altrettanti problemi per l’Unione Europea. In Ungheria o in Polonia stanno succedendo delle cose, dal punto di vista dell’idea di democrazia dell’Unione Europea, che fino a qualche mese fa erano impensabili.

Secondo te questo tipo di proposta del governo, che, come ci dicevi, ha un grosso marchio in Marco Minniti, è anche figlio di un inseguimento alle destre visto il fallimento elettorale alle amministrative? C’è anche questo piano? Perché, come ci dicevi giustamente tu all’inizio, c’è un piano di realtà: il numero degli sbarchi sta diventando davvero importante, e forse c’è proprio un problema logistico. Ma di fronte a un problema logistico, la risposta è quella di chiusura, quella securitaria, quella della paura, che ha anche quel tipo di impulso elettorale verso lo stomaco delle persone…
Assolutamente. È quello che prima chiamavo il bagnasciuga tra il governo, la Lega e le destre. Di sicuro stanno inseguendo le destre su questo terreno, pagando anche dei prezzi di contraddizioni interne. Basta vedere la manifestazione di Milano di fine maggio, che è stata sopportata dal governo, più che altro. C’entra secondo me l’ultimo rovescio elettorale, però, insomma, ormai hanno anche fatto l’abitudine ai rovesci elettorali, non è che gliene stiano andando bene molte. Credo che sul tema specifico vogliano caratterizzarsi con un un approccio anche forte e visibile. Basta pensare alla razzia alla stazione di Milano, due giorni o tre dopo l’approvazione del decreto Minniti-Orlando. Una cosa tecnicamente inutile, che era fatta per i giornali e i telegiornali.

Certamente. È una direzione che ti preoccupa, questa?

Sì, certo che preoccupa. Credo però che non riusciranno a fermare granché. O hai un accordo, anche lì problematico, con un paese come la Turchia, che regge fino a che… è anche conveniente su altri piani, perché, come dire, la Turchia è anche una sorta di laboratorio a cielo aperto di lavoro migrante sottopagato, spesso dato dai profughi che aspettano di passare attraverso l’Europa. Mentre questo allo stato attuale pare non essere possibile in Africa, e allora non riescono a normalizzare la Libia, fanno accordi che reggono il tempo della firma, spesso, anche se stanno succedendo da questo punto di vista cose terribili, nel silenzio, in Africa, per il controllo dei flussi migratori. Si nota, però, nonostante queste cose, che i migranti non sono trattenibili, e prima o poi dovranno registrare questo dato di realtà. Che non è una cosa che blocchi lì.

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